Original compositions by M. P. Mussorgskij / N. A. Rimskij-Korsakov, O. Messiaen.
Chiara Bertoglio Grandpiano.
24bit/88.2 kHz original live-in-studio-recorded, in Velut Luna Studio, Preganziol, Italy, on August 5,6-2012.
Messiaen e Mussorgskij: due personalità, due stili, due approcci alla vita, alla fede ed alla musica completamente diversi. Il primo: compositore francese del Novecento, con un linguaggio musicale in cui si impastano modi di altezze e ritmo, canti d’uccello, ritmi indiani, crittografie e simbolismi, e persino rari passaggi seriali. Il secondo: uno dei Cinque grandi che promossero una musica autenticamente russa alla fine dell’Ottocento; uno il cui straordinario talento non fu ingabbiato dagli schemi scolastici del professionismo, e mantenne la sovrana libertà creativa del “dilettante”, nel miglior senso della parola. Il primo: un cattolico fervente che mai fece mistero della sua fede e di come essa abbia ispirato la sua intera produzione musicale. Il secondo: sempre in cerca dell’infinito, perennemente tormentato dai dubbi, costantemente sotto l’ombra spaventosa della morte, sua vera ed unica musa. Tuttavia, come vedremo (e sentiremo), queste due personalità opposte hanno molto in comune, molto più di quanto ci si aspetterebbe.
Vero è che Messiaen ammirava molto Mussorgskij, e che il suo stesso linguaggio è indebitato a quello del compositore russo. I Vingt Regards sur l’Enfant Jésus sono venti contemplazioni musicali del bambino Gesù. Non si tratta, come ci si potrebbe immaginare, di santini zuccherosi: viceversa, sono brani di grande complessità teologica e concettuale, trasmessa soprattutto tramite il preciso simbolismo dei motivi conduttori. Tra questi, vanno citati il “tema di Dio” (una serie di accordi che ne evoca la “Triunità”), che informa interamente il numero 1, Regard du Père, e che torna frequentemente nella Première Communion de la Vierge; e il “tema della Stella e della Croce”, che collega il mistero dell’incarnazione di Cristo con quello della sua Passione (n. 2). Nella Première Communion, Messiaen esplora la relazione tra la Vergine Maria ed il suo bambino durante i nove mesi della gravidanza, assimilando la comunione sovrannaturale (eppure anche così naturale) tra mamma e bambino con quella portata nel credente dall’Eucaristia.
Il contrasto tra questa scena intima e santa e l’infernale Notte sul Monte Calvo non potrebbe essere più forte. Il celebre brano di Mussorgskij, un poema sinfonico qui eseguito nell’affascinante trascrizione pianistica di Konstantin Černov, ritrae un sabba in onore di Černobog, il “dio nero” della mitologia slava. Si tratta in realtà di un culto pagano dell’oscurità e del male, più che di una semplice festa magica: per Mussorgskij, vi è un forte legame tra stregoneria, paganesimo, inferno e male. Il Sabba si conclude ai primi rintocchi delle campane di mattutino, nella festa di San Giovanni; tuttavia, questa conclusione non appare come un chiaro trionfo del bene sul male, quanto piuttosto come una tregua tra due eserciti ugualmente forti.
È perciò significativo che un punto di partenza simile conduca Mussorgskij ad una conclusione assai differente nei Quadri da un’Esposizione, ciclo composto in memoria di Viktor Hartmann, amico pittore di Mussorgskij, improvvisamente deceduto alla presenza del compositore. Come si diceva poc’anzi, il tema della morte è una costante nella vita e nell’opera di Mussorgskij, e, naturalmente, diviene particolarmente centrale qui. I Quadri della prima parte, inframmezzati dalle Promenades (simbolo musicale di Mussorgskij stesso e delle sue reazioni emotive ai quadri) sono immagini deliziose e talora molto profonde: uno gnomo terrificante, l’impossibile serenate dello scemo del villaggio alla ragazza più bella (Il vecchio castello), il litigio dei bambini dopo il gioco (Tuileries), il pesante fardello e la faticosa avanzata della Polonia verso l’indipendenza, simboleggiata da quella di un carro di buoi nella melma (Bydło), il balletto dei pulcini nel loro guscio, e la caricatura di due Ebrei, un ricco ed un mendicante (Samuel Goldenberg e Schmuyle). Nella seconda parte, tuttavia, Mussorgskij disegna uno stupefacente itinerario fra le più grandi domande dell’umanità. Limoges rappresenta un mercato, con i suoi mille suoni, colori, odori: un simbolo della vita, della vitalità, degli incontri, su cui, come una mannaia, piomba la morte in Catacombae (si pensi alla morte improvvisa di Hartmann). L’alter-ego musicale di Mussorgskij, il tema della Promenade, risuona sotto tremoli spettrali, quasi a significare la morte del compositore medesimo. Baba-Jaga, un’orribile strega, è anche qui simbolo del male, dell’inferno, delle paure ancestrali dell’uomo. Il suo apparente trionfo è tuttavia spazzato via dalla Grande Porta di Kiev, sotto cui si snoda una processione religiosa: udiamo il suono delle campane, dell’organo, dei cori di sacerdoti; il tema della Promenade, ritratto come “morto” in Catacombae, si ritrova qui “risorto”. È la vita oltre la morte, la possibilità di mantenere le nostre relazioni con coloro che abbiamo amato attraverso la morte, al di là della morte, e per sempre.
Chiara Bertoglio
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