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15/05/2024
UNA STORIA MISTERIOSA
“Don Antonio, non dovete portare nella tomba il segreto delle vostre chitarre…”
“…mi è impossibile tramandarlo ai posteri”
Quello della Papier-Mâché di Torres è stato un caso unico nella storia della liuteria non solo chitarristica: Antonio de Torres (1817-1892), considerato oggi lo Stradivari delle sei corde, fu il primo e, che si sappia, l’unico a costruire nel 1862 un esemplare di strumento Papier-Mâché. Questa chitarra, paradossalmente, a dispetto della sua apparente umiltà, restituisce un mondo sonoro affascinante, misterioso e unico. Dal momento che l’originale, conservato al Museo della Musica di Barcellona, non e’ più in grado di esprimere la propria voce, l’album ha lo scopo di far riscoprire e rivivere le peculiari caratteristiche timbriche e sonore di questo interessante strumento attraverso l’utilizzo di due copie ad esso ispirate.
Il liutaio Fabio Zontini ha raccolto la sfida lanciata da Torres e da quasi vent’anni si occupa della costruzione di copie Papier-Mâché. I due esemplari utilizzati da Federica Artuso per la registrazione sono stati realizzati tra aprile e settembre 2023 e pesano entrambi (incredibilmente) appena 995 grammi. Montano inoltre corde in budello naturale. Zontini ha quindi tracciato una sorta di collegamento con il grande Torres, cogliendo una specie di esperimento-prototipo del liutaio andaluso, e provando con successo a diffonderlo ai giorni nostri.
La Papier-Mâché è una sorta di contraddizione vivente proprio per la contrapposizione tra il materiale povero di cui è fatta e il risultato sonoro artisticamente sorprendente. E ispirandosi a questa contrapposizione, è stato registrato un programma emblematico di quel paradosso che incarna l’identità della chitarra, sempre in bilico tra l’anima povera, autentica e popolare da un lato e l’Olimpo della musica colta dall’altro. Le musiche qui registrate sono tutte di chitarristi-compositori che sono vissuti all’epoca della chitarra di cartone o che hanno avuto a che fare con gli strumenti di Torres. Questi chitarristi sono parte di quella tradizione esecutiva e di quella poetica sonora di cui la Papier-Mâché è emblema. Alcuni dei brani, pur essendo stati scritti da compositori non chitarristi, fanno parte di quel repertorio in cui più si identificano le sei corde.
Arcas e Parga* tentarono di elevare la chitarra a strumento colto, senza riuscire ad emanciparsi totalmente dalle reminiscenze flamenche. Il loro stile si adatta perfettamente all’essenzialità arcaica del suono della Papier-Mâché e le loro musiche, pur fortemente radicate nel linguaggio popolare, ci conducono poco per volta allo stile borghese e salottiero di Garcia Tolsa* e di Tarrega, allievi di Arcas. La loro musica non è più soltanto per coloro a cui scorre nelle vene sangue flamenco o per quelli che ritengono l’opera lirica l’unica musica colta. È musica che piace agli intellettuali e, se ammette qualche danza, lo fa a patto che sia da salotto. Dal punto di vista dei musicisti, a differenza dei suoi predecessori, Tarrega riesce a confezionare gli slanci espressivi in forme totalmente compiute.
Miguel Llobet, allievo di Tarrega, è noto come compositore soprattutto per la sua versione chitarristica delle Canciones populares catalanas. Nella parte di programma che lo riguarda si propone anche un repertorio di cui non è autore, ma che lo rappresenta fedelmente e dove si colgono tutte le novità portate dal suo estro creativo, che fanno emergere ciò che della chitarra è più caratteristico.
Maria Luisa Anido fu allieva di Llobet, nonché sua partner in duo di chitarre. La musicista argentina fu una tra gli ultimi chitarristi negli anni ’50 ad utilizzare le corde in budello -ormai difficilmente reperibili- e, tra l’altro, fu proprietaria proprio della Torres di Tarrega (1864, FE17). Anido è l’emblema dell’immagine della chitarra come spartiacque tra il mondo della musica folklorica e quella della musica colta, contrapposizione che probabilmente non si risolverà mai completamente. Ce lo dimostrano le sue irresistibili trascrizioni dai grandi classici come Bach, Mozart, Tchaikowsky e i suoi brani sudamericani, pulsanti di energia indigena.
I brani di Parga e Garcia Tolsa non sono contenuti nella versione in vinile.
LE CORDE
di Mimmo Peruffo
Le corde utilizzate in queste incisioni comprendono budello per gli acuti e rayon rivestito di rame argentato per i bassi.
Le corde di budello provengono dalla notte dei tempi: si racconta, infatti, che la musa Musica sia nata nel momento esatto in cui Orfeo inciampò nel guscio vuoto di una tartaruga e ne abbia messo in vibrazione dei tendini secchi sottesi producendo così dei suoni.
Si sono ritrovati frammenti di corde di budello in alcuni reperti archeologici di arpe risalenti alla Terza Dinastia egizia; esse vengono anche citate anche nell’Odissea di Omero.
Ma perché proprio il budello? Perché questo materiale naturale è il solo che presenta l’allineamento pressoché perfetto dei parametri principali che concorrono alla formazione del suono e alle caratteristiche di tenuta meccanica: densità, assorbimento di umidità; carico di rottura, modulo elastico e infine la lavorabilità in forma di cilindro. Non ultima la caratteristica di imitare al meglio la voce umana: le corde di metallo non possedevano infatti questa caratteristica.
Le corde di budello non ebbero rivali; esse dominarono incontrastate fino alla comparsa delle corde da musica realizzate in Nylon (1946): è evidente che con l’avvento di questo ed altri materiali sintetici si sarebbero abbattuti i costi e migliorata la riproducibilità ma al prezzo -che oggi finalmente comprendiamo- di aver tolto la vera poesia del suono della chitarra. Nessuna corda sintetica infatti riesce ad eguagliare la forza emotiva di queste antiche corde.
I bassi utilizzati in questo disco, come già detto sopra, sono realizzati utilizzando del rayon e non del comune fiocco di nylon. Il rayon è un materiale che sostituisce la seta, utilizzata prima del 1946 e riproduce la sonorità calda e percussiva di questo antico materiale, amalgamandosi bene con le corde di budello.
La montatura di corde qui utilizzata non è casuale; essa è infatti una ricostruzione molto accurata di una montatura media per chitarra tra il 1910 e il 1940.
In queste registrazioni non si è seguito il diktat di usare un corista standard, il quale è soltanto il frutto di una convenzione. La regola è stata di capire a quale ‘corista’ lo strumento dava i migliori risultati e a questo ci si è adeguati.
LIUTAIO E INTERPRETE CONVERSANO SULLA CHITARRA PAPIER-MÂCHÉ
Papier-Mâché siamo noi, indifesi, sciolti nella calura agostana, diritti nella potenza di febbraio, capaci d’accordi mirabili fino alle stelle aspettando che qualcuno ci accordi.
Gabriele Priolo
FEDERICA ARTUSO INTERVISTA FABIO ZONTINI
1)Come è nata la tua passione per la chitarra Papier-Mâché?
Conoscevo già questo strumento perché nel libro di José Romanillos su Torres e’ catalogata anche la FE14, la chitarra Papier Mâché. Pero’ nel 2001 fu pubblicato un interessante volume dal titolo "La
chitarra di Liuteria", scritto dal Maestro Stefano Grondona in collaborazione con il collega Luca Waldner, che a questo strumento dedicava un capitolo con delle bellissime foto. L’idea di realizzarne una copia mi venne qualche anno dopo, nel 2005.
2)Come liutaio trovi più difficile costruire la Papier-Mâché o le chitarre in legno? Come sei riuscito ad interpretare questo materiale?
Per me, realizzare una chitarra Papier Mâché é un po come fare una vacanza. C’e’ quasi solo ed esclusivamente divertimento, e sottolineo quasi…in ogni caso c’e’ sempre il gusto di arrivare alla fine e ascoltarne il suono. È uno strumento che mi consente di mettere tutta la mia intenzione, la mia energia al risultato sonoro, dal momento che esteticamente ci sono molti meno vincoli e standard da mantenere. Questo è un concetto un po’ esoterico che non posso suffragare con teorie dimostrabili. Però parlandone con alcuni colleghi ho avuto degli importanti riscontri. Concentrarsi troppo sull'aspetto esteriore dello strumento toglie qualcosa alla riuscita complessiva in termini acustici. Ovviamente non sempre, non si può generalizzare, ma qualcosa di vero forse c’è. All’inizio ho agito d’istinto, sono andato avanti con fiducia incosciente e nessuna aspettativa particolare. Questo mi ha consentito di fare con grande libertà.
3)Secondo te che cosa significava per Torres la chitarra Papier-Mâché? È stato “soltanto” un esperimento eccentrico o è nato da una necessità, come ad esempio il tentativo di trovare un materiale economico e di più veloce lavorazione?
Ho discusso più volte di questi temi con vari colleghi, alla fine si possono solo tentare delle ipotesi. Quelle che proponi tu sono entrambe valide, però ce ne possono essere delle altre; ma la verità è che non lo sapremo mai. Ultimamente mi piace pensare alla Papier Mâché come ad un prototipo che Torres realizzò, magari con l’intenzione di mettere in commercio uno strumento più alla portata di tutti. Il fatto di aver ripreso quell’idea e di averla riproposta centosessant’anni dopo, in qualche modo mi mette in comunicazione con lui. E' come avere raccolto il testimone direttamente dalle sue mani e portato a compimento la sua idea. Molto di più che fare una qualsiasi copia Torres in legno.
4)Il fatto che quello conservato al Museo della Musica di Barcellona sia oggi l’unico esemplare conosciuto aumenta il fascino di questa misteriosa chitarra. Secondo te realmente Torres non ne ha più prodotte oppure ne sono esistite altre?
Alla luce delle mie ricerche e di quelle fatte dagli studiosi che mi hanno preceduto, si può affermare con una ragionevole certezza che non ne ha realizzate altre… penso proprio che in caso contrario ne avremmo avuto testimonianza da parte di quelle figure che hanno conosciuto e frequentato Torres o le sue chitarre. Intendo dire Tarrega, Domingo Pratt o il suo amico prete Juan Martinez Sirvent.
5)Nonostante la Papier-Mâché originale non abbia calcato palcoscenici importanti, ha fatto parte della vita musicale privata di alcuni musicisti fondamentali per la storia della chitarra moderna, come Tarrega e Llobet . Puoi raccontarci da dove questo strumento è partito e da chi è stato suonato?
Torres non vendette mai la FE14, la tenne con sé fino alla sua morte nel 1892. Dopodichè lo strumento passò per le mani di Tarrega prima e di Llobet poi. Fu proprio in casa Tarrega che Domingo Pratt ebbe modo di suonarla e di lasciarne una testimonianza scritta sul suo "Diccionario de guitarras, guitarristas y guitarreros" edito a Buenos Aires nel 1934. Alla morte di Llobet nel 1938 finì agli eredi, che nel 1953 la donarono al Museu de la Musica di Barcelona dove ancora oggi è possibile ammirarla.
6)Come si colloca all’interno della tua produzione la chitarra Papier-Mâché? Nel costruire questo strumento hai scoperto qualcosa di nuovo e/o utile per la costruzione degli altri progetti?
Ogni cosa che accade nel mio laboratorio è fonte di ispirazione per quello che avverrà in seguito. Sicuramente la Papier-Mâché mi ha fatto capire molte cose utili che ho poi in seguito applicato anche al resto della mia produzione. Alcune di queste cose, in particolare, le ho capite proprio riguardo al suono Torres che in molti cerchiamo di replicare quando realizziamo delle copie.
7)Ciò che ti attira di questo strumento è soprattutto la sfida costruttiva nel far suonare un materiale così poco adatto alla liuteria oppure ti affascina realmente anche il risultato sonoro di questo lavoro?
Nel 2005, ai tempi del mio primo esperimento, pensavo che la sfida fosse quella di ottenere un buon strumento, nonostante l’utilizzo di un materiale povero e di scarsa consistenza, che non è in grado di dare un contributo qualitativo al suono. Recentemente ho cambiato radicalmente il mio punto di vista. Rimane vero che il cartone è da considerarsi un ostacolo all’ottenimento di un bel suono; ma realizzare la cassa dello strumento con esso, consente di acquisire un’elasticità complessiva che la chitarra in legno non possiede, quantomeno quando è nuova. Intendo dire che quando noi sollecitiamo la corda e mettiamo in vibrazione la tavola armonica, questa non trova la stessa resistenza che c’è alla presenza di una cassa armonica con fasce e fondo in legno. In qualche modo l’energia prodotta è assorbita in maniera più morbida e la tavola armonica stessa trascina nella vibrazione con sé tutta la struttura. Questo è ciò che a mio avviso succede nelle chitarre Torres in legno e nelle chitarre storiche in generale, perché il tempo trascorso ha fatto sì che tutti gli elementi si siano amalgamati e abbiano perso la loro originaria rigidità. Questa maggiore elasticità e morbidezza data dal cartone quindi, contribuisce ad ottenere una sonorità che si avvicina di più al suono degli originali anche con uno strumento “giovane”, appena fatto, come quelli che hai usato per questa registrazione.
FABIO ZONTINI INTERVISTA FEDERICA ARTUSO
1)In quale occasione è avvenuto il primo incontro con la chitarra Papier-Mâché?
Ho saputo per la prima volta dell’esistenza di questo strumento nei primi anni Duemila, quando studiavo con Stefano Grondona al conservatorio di Vicenza. In quel periodo il Maestro aveva pubblicato il famoso libro “La chitarra di Liuteria” allegando un disco in cui, tra molte bellissime chitarre antiche, suonava anche l’originale Papier-Mâché (con cui ha registrato la Danza spagnola n.5 di Granados). Sono subito rimasta molto colpita dall’idea che un liutaio potesse costruire una chitarra potenzialmente molto fragile ma dall’emotività così intensa. In quel periodo suonavo uno strumento leggerissimo in cipresso realizzato da Luca Waldner e già quella mi sembrava una chitarra “al limite”. Quando ho scoperto l’esistenza di quella di cartone sono rimasta molto sorpresa e incuriosita.
2)Quali sensazioni vivi quando suoni questo strumento? Sono diverse rispetto a quelle che hai suonando una chitarra totalmente in legno?
L’estrema leggerezza di questo strumento mi dà una sensazione di massima libertà. Quando si suona sembra di non sentire il limite di una materia che fisicamente resiste alle proprie mani, ma pare invece di lavorare semplicemente con il gesto musicale puro. Come un direttore d’orchestra quando modella i suoni con il movimento delle braccia, senza sentire la resistenza del legno degli strumenti (o di qualsiasi altro materiale).
3)Ti sei formata suonando strumenti storici e utilizzando spesso corde di budello. Cosa trovi nel suono di questo materiale rispetto a quello prodotto dalle corde moderne?
Le sensazioni che vivo quando utilizzo il budello sono simili a quelle che ho descritto sopra quando ho parlato della chitarra Papier-Mâché. Il budello dà la possibilità di modellare il suono molto più liberamente rispetto a quando si usa un qualsiasi materiale sintetico. É molto sensibile al vibrato e, anche quando la corda è già stata pizzicata, hai la possibilità di modificare la nota prodotta dandole intensità espressiva. Quando, dopo aver suonato il budello, mi è capitato di tornare alla corda sintetica, mi è sembrato di avere a che fare con qualcosa che imponeva la propria natura e la propria rigidità all’interprete.
4) Come hai scelto il repertorio per questo disco?
L’idea iniziale era di scegliere brani di autori che hanno avuto a che fare con la chitarra Papier-Mâché o che hanno fatto parte di quel mondo sonoro. Poi riflettendoci un po’ ho notato che molti brani che già avevo in repertorio da diversi anni sono stati scritti proprio in quel periodo e così è stato semplice comporre il programma. I brani di Ponce, Llobet, Granados, Tarrega ho iniziato a studiarli a quindici anni e non li ho mai abbandonati fino ad oggi. Da diversi anni mi dedico anche al repertorio di Maria Luisa Anido, in quanto da tempo mi interesso della produzione delle donne compositrici. Arcas, Parga e Garcia-Tolsa infine sono autori che mi hanno sempre incuriosito: sono meno conosciuti in quanto sono stati messi un po’ in ombra dal grande genio di Tarrega e dall’estro creativo di Llobet. Questo progetto quindi è stato un’occasione per approfondirne il repertorio.
5) Maria Luisa Anido è senz’altro una figura che rappresenta qualcosa di speciale per te, perché?
Innanzitutto mi appassionano i suoi brani, che esprimono un’energia folklorica genuina. Il suo repertorio inoltre mescola il classico con il popolare, l’elegante con il bizzarro, il sacro con il profano, com’è tipico dei popoli dell’America latina. In questo modo è come se i suoi brani esprimessero una spiritualità autentica, quasi umana, dove l’uomo attraverso la musica trasmette quell’aspetto divino che in realtà non è fuori da qualche parte, ma è dentro di lui.
Poi mi appassionano le sue esecuzioni (che è possibile ascoltare dai dischi e dalla rete) perché sono cariche di umanità.
Inoltre Maria Luisa Anido è stata una donna molto coraggiosa: nei momenti più bui della sua vita non si è mai data per vinta ed è sempre stata pronta a ripartire, anche quando era già anziana; nei momenti più felici invece non ha mai dato nulla per scontato. Nonostante ai suoi tempi per una donna che voleva fare la chitarrista globe-trotter le difficoltà erano molte, e nonostante per molti anni non abbia potuto farlo proprio a causa delle resistenze della società, ha sempre coltivato questa sua passione dedicandosi alla chitarra e alla musica senza mai risparmiarsi, nei modi con cui le era consentito.
6) Quanto è importante per te uscire da territori conosciuti e rischiare anche di sbagliare, pur di avere la speranza di trovare sul tuo cammino una pepita d’oro durante un’interpretazione?
Credo che con questa domanda tu abbia centrato quella che è la sfida per ogni musicista. L’arte dell’esercitarsi per la performance è qualcosa di duplice, perché da un lato ti “incatena” alla pesantezza della disciplina e al rigore tecnico concreto e, se vogliamo, anche banale: fare le note giuste. Ma dall’altro ti permette di elevarti da questo per esplorare luoghi emozionanti e farli conoscere a chi ti ascolta.
È come l’aquila che dispiega le sue ali: l’attrito dell’aria frena il suo volo ma le permette di stare in equilibrio e di vivere l’ebbrezza di lasciarsi andare su uno spazio aperto, vasto e ignoto.
7) Qual è stata la molla che ti ha portato a dedicare molto tempo ed energie ad un progetto così estremo e particolare?
Credo che la vita sia fatta di incontri e, nel caso della Papier-Mâché, ho incontrato lo strumento giusto al momento giusto. Quando ho suonato per la prima volta questa chitarra sentivo che con quello strumento potevo esprimere senza sovrastrutture la mia personalità artistica. Molti dei brani che ho registrato per questo disco fanno parte del mio repertorio da diversi anni, ma non ho mai avuto l’iniziativa di inciderli appunto perché aspettavo l’occasione più adatta. È accaduto che a marzo 2023 la tua energia di liutaio e la mia energia di musicista si sono incontrate e ho capito che per me era finalmente arrivato il momento di concretizzare quel progetto che avevo in mente da tanto tempo. Con le mie esecuzioni spero di essere riuscita a esprimere ciò che la Papier-Mâché ha dentro.
Oltre a questa motivazione però ce ne sono altre: mi piace l’idea di estrema essenzialità che sta dietro al progetto di questa chitarra. Infine, come ho già detto mentre rispondevo alla prima domanda, mi ha conquistato la possibilità di suonare uno strumento che già mi aveva incuriosito molto agli inizi della mia formazione. É stato come un cerchio che si è chiuso.
SUGGESTIONI INTORNO ALLA PAPIER-MÂCHÉ
di Federica Artuso
IL CORAGGIO
“I primissimi passi potrebbero essere fatti su un filo corto, teso a tre centimetri da terra. Ma allora è meglio chiudere questo libro e diventare funamboli da salotto”.
Da Philippe Petit, “Trattato di funambolismo”
Fondo e fasce in cartone; struttura ridotta all’essenziale, fino quasi ad arrivare al punto di rottura; corde in budello naturale. Non c’è nulla di rassicurante in questa situazione. Nè per il liutaio, né per il chitarrista.
La direzione intrapresa dalla liuteria moderna è stata quella di far acquisire alla chitarra più risonanza possibile per farle guadagnare qualche decibel nelle sale da concerto. Questo tentativo ha forse provato a colmare un senso di inferiorità atavico (senso che noi chitarristi ci portiamo avanti dalla notte dei tempi), come se il volume di uno strumento musicale fosse un requisito di qualità artistica.
Lo strumento di cartone indica invece una direzione opposta: il suo miracolo di equilibrio tra tensione e leggerezza mostra ostinatamente e orgogliosamente la sua fragilità.
Se la osserviamo non siamo rapiti dalle striature eleganti del palissandro, dalle meccaniche che luccicano o dalle decorazioni fitte e minute. La Papier-Mâché non ha bisogno di tutto questo. Si mostra nuda perché non vuole vendersi. Niente fronzoli. Puro suono.
L’EQUILIBRIO
“Il filo trema. Si vorrebbe imporgli la calma con la forza, mentre invece bisogna spostarsi con dolcezza, senza disturbare il canto della corda”.
Da Philippe Petit, “Trattato di funambolismo”
La chitarra Papier-Maché è un miracolo d’equilibrio. E se decidi di dedicartici sei un funambolo. Affinché la chitarra di cartapesta suoni, devi trovare il perfetto equilibrio con lei. Se ti irrigidisci, se la aggredisci, se lei avverte anche solo per un attimo che vuoi imporre la tua intenzione, la chitarra si chiude e lascia il chitarrista “a piedi”. Come quando il funambolo cammina sulla corda e, cercando sicurezza per arrivare all’altro capo del filo, il suo corpo si irrigidisce, perde l’equilibrio e cade a terra. Al contrario, più la lasci libera di vibrare più la Papier-Mâché segue la tua ispirazione musicale.
LA LEGGEREZZA
“Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza è meravigliosa?
[…] Quanto più il fardello è pesante, tanto più la nostra vita è vicina alla terra, tanto più è reale e autentica. Al contrario, l'assenza assoluta di un fardello fa sì che l'uomo diventi più leggero dell’aria […], diventi solo a metà reale e i suoi movimenti siano tanto liberi quanto privi di significato.
Che cosa dobbiamo scegliere, allora? La pesantezza o la leggerezza? […]
Parmenide rispose: il leggero è il positivo, il pesante è negativo.
Da Milan Kundera, “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.
La chitarra Papier-Maché è un miracolo di leggerezza.
La cartapesta, materiale poco resiliente e acusticamente pigro riesce ad esprimere una propria inaudita energia grazie alle mani del liutaio che lo trasforma liberandolo dalla propria zavorra per sublimarlo in suono ispirante.
La leggerezza può essere precarietà, fragilità, afonia, ma se interpretata nel modo giusto diventa libertà.
Dalla pesantezza del cartone umido, morbido e tonfo alla brillantezza dei cantini in budello tesi sulla chitarra. Dal terrestre all’etereo grazie al liutaio che allinea in equilibrio tutte le sue parti.
L’ELASTICITÀ
“Se l’arco è teso al massimo, allora esso racchiude in sé il “Tutto”, aggiunse il Maestro, ed ecco perché è così importante imparare a tenderlo nel modo giusto.”
Da Eugen Herrigel, “Lo zen e l’arte del tiro con l’arco”.
Quando il liutaio ottiene uno strumento così equilibrato nella tensione tra le sue parti, dove la materia non sovrasta l’elasticità e l’elasticità non disperde il suono, si raggiunge il perfetto equilibrio. Così la materia si trasforma in energia e l’energia diventa suono.
L’INSIEME
Tutto questo, arco, freccia, bersaglio e Io si intrecciano tra loro in modo che non so più separarli. E persino il bisogno di separarli è scomparso. Perché non appena tendo l'arco e tiro, tutto diventa così chiaro e naturale e così ridicolmente semplice..."
Da Eugen Herrigel, “Lo zen e l’arte del tiro con l’arco”.
Il primo passo è che il liutaio riesca a creare una miracolosa sinergia tra le parti dello strumento.
Il secondo passo è che in punta di piedi il musicista provi ad entrare nell’equilibrio dello strumento.
Il terzo è che tutto si intrecci insieme: chitarra, interprete, tecnico del suono, direttore di registrazione. Per creare un risultato ci vogliono tante menti diverse, ognuna con il proprio modo di pensare.
BIOGRAFIE
Federica Artuso è una chitarrista formatasi alla scuola di Stefano Grondona, con il quale ha conseguito il Diploma e il Diploma Accademico di II Livello entrambi con massimo dei voti, Lode e Menzione speciale. Tra i suoi maestri ama ricordare, oltre a Grondona, Galbraith, Mondiello, Ghiglia e Dieci. Ha ottenuto Borse di Studio e Diplomi di merito da istituzioni come la Fondazione S.Cecilia (Brescia) e l’Accademia Chigiana (Siena). Per le sue interpretazioni ha ricevuto premi e menzioni in vari concorsi (tra cui quello storico di Gargnano, Premio delle Arti, Migliori Diplomati d’Italia) e ha tenuto concerti in Italia e all’estero.
Il chitarrista Paul Galbraith ha scritto di lei “Il suo suonare è qualcosa di speciale, fuori dall'ordinario, raro, nel senso più profondo.”
Grazie all’album su Emilia Giuliani per Tactus, si è fatta conoscere in tutto il mondo. L’album è stato eletto CD of the Week da Weta Classical Washington (che gli ha dedicato una maratona d’ascolto di 7 giorni) e Naxos Sweden; CD del Mese da Amadeus e DotGuitar; è stato premiato con le 5 stelle di Musica, che per l’occasione ha anche pubblicato un’intervista a Federica. La rivista spagnola Ritmo lo ha inserito tra le incisioni di riferimento per la chitarra dell’800. Il mensile giapponese Gendai Guitar ha pubblicato uno speciale sul CD e su Emilia Giuliani con, a firma di Federica, un articolo e la revisione di alcuni brani. La rivista inglese The Times lo ha inserito tra le 100 migliori incisioni di musica classica (unico album chitarristico scelto).
Le sue registrazioni sono state trasmesse da ABC Classic Australia, Weta Classical Washington, New York Public Radio, Radio France, Radio Nacional España, CBC Radio Canada, RAI Radio3. È stata intervistata da RAI Radio1 sull’attività di riscoperta del repertorio al femminile, che porta avanti con Nicoletta Confalone.
La sua ricerca si rivolge anche agli strumenti di liuteria storica o ad essa ispirati: suona chitarre Lacote, Simplicio, Garcia, Vincenti (copia Garcia).
Come camerista ha partecipato all'incisione di un 3CD-box su Villa-Lobos realizzato per Naxos da Andrea Bissoli, con cui forma un duo chitarristico. La critica musicale ha espresso lusinghieri riscontri all’incisione (Diapason, BBC Music Magazine, Radio France, Folha de São Paulo, Musica) tra cui si citano: CD Naxos del mese in Germania, CD della settimana su Radio Cultura FM Brasile, CD del mese su Amadeus e Seicorde.
Si è dedicata agli studi filosofici, conseguendo la Laurea in Filosofia con il massimo dei voti. Si dedica con passione all’insegnamento: diplomata in Didattica con Lode, è attualmente docente al conservatorio di Adria.
Fabio Zontini è nato a Milano dove ha conseguito il diploma di Maestro Liutaio Restauratore presso la Civica Scuola di Liuteria nel 1996.
Costruisce chitarre classiche traendo ispirazione dai grandi liutai del passato: Torres, Hauser, Gallinotti, Bouchet e altri. Ha inoltre sviluppato dei modelli propri rimanendo sempre nel solco della liuteria tradizionale novecentesca.
Nel 2007, al Museo della Musica di Barcellona, ha effettuato uno studio approfondito sulla chitarra del 1859 appartenuta a Miguel Llobet e della celebre “Papier Mâché” (chitarra con fasce e fondo di cartone del 1862), entrambe realizzate da Antonio De Torres e di cui negli anni ha prodotto diverse copie.
Nel 2016 ha collaborato alla realizzazione della chitarra Arcimbolda, esemplare unico realizzato da un collettivo di 15 liutai in occasione del Roma Expo Guitar.
Ha partecipato a numerose mostre nazionali e internazionali. Ha tenuto conferenze presso Conservatori, Scuole di Musica, Musei, Convegni e Festival chitarristici in Italia e all'estero.
E' socio ALI (Liutai Professionisti Italiani). Collabora con importanti Dealers di Germania, Francia, Korea, Stati Uniti.
Da più di vent’anni ha scelto di vivere e lavorare nella quiete dell’entroterra ligure.